Centomila uomini e una citazione errata: touché al solito cliché?

Negli ultimi due anni mi è capitato spesso di leggere nei blog degli scrittori di fantasy e nei siti/forum di settore la frase “non ti curar di loro” o “non ti curar di loro, ma guarda e passa” o simili, con evidente riferimento a Dante. Solitamente la frase appariva in contesti del tipo “l’autore del libro si lamenta del mondo cattivo e dei criticoni / qualcuno dice che sono tutti degli invidiosi attaccabrighe / segue in breve la frasetta pseudo-Dantesca“.
La frase, nelle diverse costruzioni alternative, è diventata ossessiva. L’ho vista decine di volte, fino ad averne la nausea. Questa frase fatta, questo cliché nel senso più ampio del termine, pare odori di intellettuale alle narici di tanti che citandola pensano di farsi belli.
A me fanno solo vomitare.

Mi ricorda Nihal… che abbia letto le Cronache?

Mi fanno vomitare per più motivi:
1) è una frase trita e ritrita che non aggiunge nulla alla discussione e puzza di pseudo-intellettualoide (e non di uomo di cultura);
2) viene usata per nascondere l’incapacità di ribattere e affrontare un problema: questo non è una cosa di cui vantarsi, anzi, fa pietà;
3) puzza lontano cento chilometri di “ho fatto il liceo, gne gne gne, senti che belle frasette da usare a cazzo che mi ricordo ancora lurido perito anal-fageta, gne gne gne”;
4) quattro;
5) la citazione è sbagliata (grassa figura da stronzoni);
6) e anche quando è riportata correttamente viene utilizzata in un contesto che ne rovina il senso originale (ma ormai nel linguaggio comune è diventato lecito decontestualizzarla e usarla a cavolo… io lo trovo irrispettoso del pensiero dantesco);
Per quanto riguarda il punto cinque.
La frase esatta sarebbe “non ragioniam di lor, ma guarda e passa” e non “non ti curar di loro, ma guarda e passa” (spesso abbreviata in “non ti curar di loro…” con aggiunta emoticon “:roll:” per sottolineare la superiorità intellettuale rispetto ai criticoni)
Proviene dalla Divina Commedia, Inferno, terzo Canto.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa

Per gli appassionati, l’uso diffuso dell’errata citazione si è guadagnato un posto glorioso nella pagina delle Citazioni Errate di Wikipedia. Difficile mantenere l’aura da intellettualoide del cazzo quando si dimostra, in una sola frase, di ricordar male quanto studiato al liceo, altro che raffinata citazione da dotto uomo di cultura, nevvero?
Per quanto riguarda il punto sei.
Virgilio pronuncia questa frase, sdegnato, quando Dante gli chiede chi siano le anime che si trovano lì, nell’Antinferno (Dante comunque, nella sua bontà, ci descrive lo stesso la loro pena). Sono le anime degli ignavi, coloro che non seppero mai schierarsi nella vita, e che ora per contrappasso inseguono disperatamente una bandiera. Indica persone che non hanno scelto né il bene né il male: semplicemente non hanno scelto niente. Senza infamia e senza lode, né vero Inferno né Purgatorio o Paradiso. Dante li disprezza perché lui, esule, subì tanti torti in vita proprio per il coraggio con cui seppe schierarsi e difendere le proprie idee.
Dante non disprezza allo stesso modo chi sceglie la “perdizione” e il peccato, perché ha pur sempre “scelto qualcosa”. La cosa più importante è schierarsi.
Queste righe sono molto riduttive e incomplete rispetto alla profondità del brano citato, ma grossomodo dove stia andando a parare si dovrebbe essere capito. ^_^
Qual è il problema?
Che la citazione, l’invito a “guardare e passare” (senza discuterne perché sono immeritevoli), viene solitamente usato per ignorare coloro che, bollati come Criticoni, hanno invece SCELTO di SCHIERARSI con tanta violenza e con tale vigore da risultare “fastidiosi”.
E così si priva di ogni senso la frase di Dante e la si applica in un contesto completamente diverso: lui non disprezza chi si schiera, pur se nel torto (i criticoni, dal punto di vista dello scrittore offeso), ma chi si tira fuori e non prende posizione.
Comunque, come dicevo sopra, questa falsificazione del pensiero dantesco è ormai diventata di uso tanto comune che risulta difficile colpevolizzare il singolo che cade nell’errore. Rimane però l’altro problema di fondo: la frase è TRITA E RITRITA!

Due alternative.
Se lo scrittore vuole dimostrarsi al di sopra delle critiche e delle beghe o, comunque, pur prendendo nota delle critiche preferisce non inserirsi nella mischia mantenendo un certo distacco tra sé stesso e le orde di fan che, come è loro diritto, discutono liberamente, può usare una diversa citazione. Al posto del super abusato Dante (che pensate quanto sarebbe stato ancor più abusato se si fosse chiamato Prendente!), si può fare i fighi citando in una volta sola sia Thomas Mann che Federico II di Prussia.

Proprio “lui” dimostrò cosa fosse in realtà il dispotismo: prima non se ne aveva avuto un concetto ben definito e, per completare il significato del termine, doveva arrivare un re in grado di lavorare come lui. Egli creò però anche una varietà di dispotismo: era il despota illuminato, in quanto i suoi sudditi potevano pensare e dire ciò che volevano, purché lui, da parte sua, potesse fare ciò che voleva, e questo era un accordo proficuo per entrambe le parti, come si fu costretti ad ammettere. Le religioni non avevano importanza, dato che le disprezzava. Nei suoi stati gli atei perseguitati trovarono non solo asilo, ma anche impieghi ufficiali. Non si curava delle satire, degli scritti denigratori e dei libelli indirizzati contro di lui; non temeva lo spirito perché, finché esso era innocuo, sapeva trovare un giusto equilibrio fra amore e disprezzo. Quando sentì parlare di un suddito tendenzialmente critico, chiese: «Ha centomila uomini? Se no, cosa volete che me ne preoccupi!»
(da “Federico e la grande coalizione” di Thomas Mann)

Se qualcuno critica l’autore e un fan fa notare la cosa, l’autore può ribattere: “Ha centomila uomini? Se no, cosa volete che me ne preoccupi!”. Ok, pure questa non è il massimo dell’originalità, ma almeno si vede in giro meno spesso dell’altra: non è la frase fatta che il primo idiota in strada usa sapendo da dove proviene (voi potete essere gli idioti che lo sanno! ^_^).
E, farà piacere ai lettori, questa è da parecchio tempo la prassi di Licia Troisi che preferisce (e fa benissimo, dal suo punto di vista) non lanciarsi in mischie coi lettori criticoni cattivoni: lei ha dietro di sé il peso della Mondadori e la sua base di fan, i criticoni cosa hanno? Hanno forse centomila uomini? (Lei sì, grossomodo)
Dispotismo illuminato: è meglio della censura dittatoriale!
È la stessa prassi che seguo io, ignorando i trolloni. Negli ultimi mesi sono finito nel mirino di parecchi trolloni, uno nemmeno tre settimane fa, e a parte un caso li ho sempre ignorati. Ma la mia non è semplice senso di superiorità (l’ultimo, poi, già era stato cazziato da tutti per le sue idee cretine proprio in questo sito), bensì comprensione del mezzo: io sono un Troll e quando dei Trollini di livello inferiore costruiscono una trappola per innescar polemica volete che non me ne accorga? ^__^
Sono “caduto” nella trappola solo una volta, con Negrore, ma solo perché in realtà l’aveva impostata male per cui mi sono potuto gettare dentro prendendo il problema, smontandolo, ribaltandolo e usandolo contro di lui. E alcuni suoi lettori mi hanno pure dato ragione. Da cacciatore a preda, da preda a cacciatore. La forza dell’argomentazione logica superiore ha ancora un certo peso su chi non è stato lobotomizzato.
C’è anche un’alternativa italica quanto Dante, se non si vuole citare un re prussiano: un bel ME NE FREGO!, di fascista e virile memoria! Perché alla fine, non diciamo stronzate, ma dietro i “guarda e passa” contro i criticoni si nasconde solo l’ennesima, becera, mentalità del me ne frego che finché la tira fuori un porco reazionario come me ha ancora un senso, ma non quando esce dalle tastiere di gente dichiaratamente e orgogliosamente di sinistra…

La risposta standard degli scrittori e dei loro fan alle critiche puntuali e complete sul testo.
Il Duca di Baionette

Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa.

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  • Questo è uno dei atteggiamenti in assoluto più distruttivo e scemo degli scrittori e di chi li difende a spada tratta. Chiaro, non dico che bisogna essere d'accordo con tutte le critiche: è ovvio che tu scrittore dai (dovrei dare) valore all'argomentazione che ti convince di più, e prendi ciò che ti serve per migliorarti. Però da qui a non leggerle e a far finta che non esistano ce ne passa (Licia style!).
    Ma ormai in rete si fa fatica a prendere una posizione forte contro un qualche autore (ovviamente in termini di scrittore, mica di persona) e/o romanzo che puntualmente salta fuori qualcuno che ci ricorda che non siamo i detentori della verità assoluta (ma dai?) o che non abbiamo capito un cazzo ecc. Secondo me è in buona parte colpa del relativismo culturale che ammorba la narrativa e l'arte in genere (ma non solo), secondo cui è bello ciò che piace e che ogni opinione ha lo stesso valore (cosa che non è per nulla vera, in quanto la forza di un'opinione sta nell'argomentazione che ne dai. O almeno credevo.)
    Va be' poi per la citazione lasciamo perdere ^^

  • Ah, comunque la mia preferita rimane sietesoltantoinvidiosidelsuccessoaltruipoveriscrittorifalliti!
    L'invidia dev'essere un virus che si propaga velocissimamente, quasi quanto l'influenza A!

  • Il fare finta di nulla è degli ignoranti, e si è visto quanto male facciano gli scrittori ignoranti. L'ignoranza, ben inteso, è un male che affligge tutti e me per prima. Ma la cosa grave è che nessuno, dall'alto della sua eterna gloria, vuole porvi rimedio. Per usare un esempio personale, il Duca mi ha detto che c'erano(senza specificare) delle cose che non funzionavano in un dialogo che gli ho inviato. Non gli ho urlato contro che era uno scemo, oppure che non capiva nulla dell'arte e cose del genere. Ho valutato la critica, anche perchè io per prima ero in dubbio e da diverso tempo mi ero accorta di aver sbagliato. Le critiche sono sempre costruttive, vanno ascoltate. Certo, non si deve pretendere di far cambiare idea all'interlocutore. Ma da uno scambio di opinioni si matura sempre. E sbagliare è umano e bello, perchè si impara. Per questo sarebbe meglio che molti scrittori italiani imparassero a non credere che tutto il mondo ce l'ha con loro e ha domandarsi il perchè delle critiche

  • L'unica cura per gli Artisti sono i calci, meglio se somministrati con l'uso di anfibi con la punta d'acciaio ^____^

  • perdonate la citazione che mi è venuta spontanea
    Apri la mente a quel ch'io ti paleso
    e fermalvi entro; ché non fa scienza,
    sanza lo ritenere, avere inteso.
    Ammetto le mie colpe, potrebbe essere qui e li' sbagliata,ma sono passati ormai 30 anni, dai felici giorni in cui mi occupavo del signor Dante e del signor Cacciaguida.
    Pure io propendo per un maschio me me ne frego! però giusto per rincarare la dose di citazioni e frasi fatte .. in fondo se un commento non ci piace dobbiamo ricordare che Quot homines, tot sententiae
    (tante persone quante opinioni o liberamente tradotto ci sono tante opinioni quante sono le persone)
    o se preferite
    non si puo' piacere a tutti ( come diceva mia nonna)

  • Bhe, c'é chi sulla convinzione di essere perseguitato da una critica malevola ci ha costruito sopra una fama non da ridere, e potrei citare qui un paio di casi recentissimi in due ambiti molto diversi, se non fossi un codardo ed un ipocrita. Quindi, non aspettatevi nomi. Quanto all'ascoltarle, le critiche, ho dei picchetti molto solidi in proposito. In linea di massima, le critiche mosse dal pubblico non andrebbero prese in considerazione. Nella maggior parte dei casi l'audience sarà portata a proporre una versione iper-semplificata dell'opera, o alla sottovalutazione di fatti e personaggi senza i quali la trama perderebbe consisteza, a proporre modifiche sostanziali ed incongruenti. E certi autori, specie i più inesperti, potrebbero essere influenzati negativamente da questo genere di affermazioni. Fondamentale é quindi che l'autore trovi dei punti di riferimento al cui giudizio affidarsi. Gli editor professionisti dovrebbero esserlo. Dovrebbero. Gente appassionata come il Duca potrebbe esserlo. Potrebbe. E' come il comando di una nave, é il comandante ed i suoi ufficiali a condurre la danza, non tocca ai marinai aprir bocca. Almeno finché non si comincia ad imbarcare acqua.
    Ma é ovvio che questo é un discorso per chi intende prender sul serio la professione: Troisi e compagni ne sono esclusi. Loro non sono gli autori, ma parte di quel pubblico deleterio di cui accennavo, gli scribacchini di ficcine, quelli che riscrivono mille volte il Signore degli Anelli perché lo vogliono meno violento, o più violento, o più blu. Quelli che 'é una pietra miliare si MA...' E in quel MA racchiudono tutto il loro non aver capito un accidente. Quelli - e almeno qui c'é un punto fermo - che non dovrebbero mai metter lingua sul vostro romanzo.

  • Oh, ma qui non serve girarci intorno...ci scommetto tutto quello che ho che sono quelle lagnose di Licia Troisi e Chiara Strazzulla!(l'ultima sicuro, ha parlato in interviste e blog di recensioni preventive)

  • Il pensiero di moda tra gli italici scrittori privi di capacità e idee, e quindi di mezzi per ribattere e spiegare con argomentazioni logiche, si può riassumere con:
    "Sei solo chiacchere e iNvidia, chiacchere e iNvidia".
    Da pronunciare rigorosamente con il tono sprezzante di Al Capone in "Gli Intoccabili". E rigorosamente dopo l'ennesimo post intellettuale snob sulla pessima condizione dell'Italia guidata da uno psiconano pacchiano in doppiopetto (orrore: una persona così bassa -fisicamente e moralmente- con un "elevato" doppiopetto!) che ricorda nelle pose e nei toni sprezzanti proprio quel gangster.
    Ops! Touché...

  • Dunque. Provo a esprimere il punto di vista di chi scrive. Meglio, del mio, perchè generalizzare non è cosa buona.
    Sostenere che le critiche sono frutto di invidia è una cazzata. Meglio, è un alibi (con un paio di eccezioni di cui parlo dopo).
    Ciò detto, è evidente che una critica negativa è sempre un colpo al cuore: ma questi sono affaracci dello scrivente, visto che un libro, senza i lettori, non esiste. Dunque, la parola è sempre ai lettori: sia nel bene, sia nel male.
    Detto pure questo, c'è critica e critica. Se la medesima è articolata e sottolinea quali sono i punti deboli di trama e scrittura, ben venga. Perchè su quei punti ci si interroga e si decide se e come lavorarci: perchè è anche verissimo quel che scrive Fitz, che non è possibile ascoltare tutti e che farlo, a volte, potrebbe essere fuorviante. Esempio: c'è chi non ama le frasi brevi, c'è chi le ama moltissimo. Io le uso, e fanno parte del mio modo di scrivere. Non posso "tradirmi" per abbracciare una parte di lettori. Ne prendo atto, ci rifletto, ma vado per la mia strada.
    Diverse sono le critiche espresse, per esempio, dal Duca o da Gamberetta su altre questioni (punto di vista): in questo caso, si riflette e si fa propria la sottolineatura.
    Però, ripeto, è una questione di toni. Se non si argomenta e si scrive "fai cagare" (o l'equivalente), a cosa mi serve? Se ci si incazza perchè un personaggio non è come lo si vorrebbe, c'è poco da fare: prendo atto, prendo anche una camomilla, e vado avanti lo stesso.
    Le critiche rancorose non servono nè ai lettori nè agli scrittori. Le critiche documentate servono a tutti. Banale, certo, ma - almeno per me - vero.
    Infine, sulla supposta invidia. O frustrazione personale. Esiste una pur piccola parte di critiche che rientrano nella categoria. E sono quelle di chi non ha letto il libro - e te lo dice - perchè: a) tanto sei raccomandata/o b) favorisci la diffusione dei manga nel mondo a scapito dei fumetti italiani (è capitato a me, proprio ieri).
    Ecco, quelle non andrebbero considerate: a meno di non essere particolarmente delicatini, come la sottoscritta, che finisce col considerarle lo stesso senza neanche citare Thomas Mann.

  • Sì, ieri la discussione di 40+ commenti su Gamberi Fantasy faceva cagare a spruzzo. Tutto partito da questa trollata.

    Ecco, quelle non andrebbero considerate: a meno di non essere particolarmente delicatini, come la sottoscritta, che finisce col considerarle lo stesso senza neanche citare Thomas Mann.

    Se la critica manca di basi e argomentazioni logiche si può ignorare. Come l'utente B può interrompere e ignorare un discorso di questo tipo con l'utente A senza poter essere giudicato male:

    A: "Per tirare con l'arco non serve molta forza: quando ho fatto il corso indoor io gli archi erano leggeri e tutti riuscivano a usarli. Ulisse con l'arco che non si riesce a incordare è solo un'esagerazione, come le storie sui Samurai. Le elfe della Strazzulla possono benissimo tempestare di frecce il nemico."
    B: "Veramente gli archi scuola sono sui 20-25 libbre ai 28 pollici, contro gli archi da guerra da 120-150 libbre a 30-32 pollici. I secondi possono usare frecce molto più pesanti che vanno più lontano e mantengono una quantità discreta di energia cinetica per penetrare leggere armature anche a 200 metri o maglie di ferro a breve distanza. Con l'arco scuola da 20 libbre già il tiro indoor a 18 metri lo fai per un pelo, che quasi la freccia non entra nel paglione...
    Le elfe della Strazzulla non possono bersagliere i nemici a 200 e più metri facendo pure dei danni di qualche entità con archi da 20 o anche da 50 libbre."
    A: "Evidentemente non usano archi scuola. Evidentemente usano archi da guerra."
    B: "Sì, ma gli archi da guerra sono tali perché hanno un libbraggio elevato, atto a usarli con successo in guerra."
    A: "Vabbé sapientino: allora usano quelli. Quindi?"
    B: "Ma per tendere un arco da 150 libbre a 30 pollici serve molta forza, equivalente a quella necessaria per spostare un carico che cresce fino a 68 kg alla distanza di 76 cm ...tutto con in pratica solo metà muscolatura dorsale, un braccio singolo e un po' di schiena!"
    A: "E quindi?"
    B: "Ma... ma... non ti rendi conto che non è una cosa da tutti . Quanta gente vedi in palestra che fa i pulley al cavo basso con 140 kg?"
    A: "Che c'entra, mica parliamo di palestre. E poi io nemmeno ci vado, sai cosa me ne importa di quei coglioni esaltati gonfi di steroidi. Stiamo parlando di archi. Cambi argomento perché non sai cosa rispondere?
    E comunque possono usare pure archi da guerra più leggeri di quelli. Non ho mai visto nessuno lamentarsi degli archi al corso di tiro, eppure erano pericolosi: ci dicevano di non metterci mai nella zona di tiro prima di aver sentito i fischi che ordinano di fermarsi e di recuperare delle frecce dai paglioni."
    B: "SIGH"

    Se vi sembra una discussione paradossale, cominciate a leggere con attenzione i discorsi che si trovano online in tanti bei forum e siti. L'utente "A" non è il caso limite, ma quasi la norma. E il problema non è che ci sia un "A", in fondo compensato da un "B" che fa notare i problemi perché usa la logica e parla con cognziione di causa, ma che di solito ci sono solo gli "A" o una dozzina di "A" (tipo branco di Retard) per ogni "B".

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