Niente aggiornamento su prezzi degli eBook, dati di vendita o altre amenità uominosessuali che piacciono solo agli eBook Nerd nVidiosi dei Veri Scrittori pubblicati dai Veri Editori. Chi non sarebbe invidioso di un Barbi, di un Falconi, di un Menozzi, di una Boni o di una Strazzulla? Veri Artisti incompresi da orde di nVidiosi esterofili. Il fatto che scrivano da cani è un’illusione generata dall’nVidia che ci ha colpiti (con allegato PhysX).
Tutta questa nVidia esterofila è, come risaputo, finanziata dal Sionismo Internazionale e dalla Perfida Albione e ottenuta tramite il fluoruro di sodio immesso nelle riserve idriche. E sì, accettatelo, l’nVidia vi colpisce anche se avete una ATI. Pure più forte.
Tornerò sui Veri Scrittori con etichetta Chiquita del Vero Editore in un futuro post.
Questa volta un semplice aggiornamento su Google eBooks.
Il generale Jack D. Ripper spiega in che modo i sovietici stanno immettendo il fluoruro di sodio nelle scorte idriche statunitensi per contaminare i preziosi fluidi corporei del popolo americano e diffondere così il comunismo. Ripper si dimentica di citare l’esterofilia e l’odio contro i bellissimi romanzi fantasy italiani.
Google ha aperto il suo negozio per la vendita degli eBook, il Google eBookstore (ex Google Editions) che fa parte del servizio Google eBooks. Per ora pare che fornisca eBook solo ai dispositivi (es: iPad) registrati negli Stati Uniti. Non piangete: come vedrete non ci stiamo perdendo niente, per ora. E comunque è probabile che nel corso del 2011 Google eBookstore si estenda anche all’Italia.
Naturalmente non ci sono solo i libri in vendita, ma anche oltre tre milioni di libri senza copyright e/o orfani. Mi riferisco a tutti quei libri scannerizzati da Google (con un livello qualitativo dei testi inferiore al progetto Gutenberg) forniti dalle biblioteche che hanno aderito al progetto di digitalizzazione Google Books, i cui scopi sono stati ben spiegati da Gino Roncaglia nel suo libro.
Per questi libri Google eBooks offre un ulteriore servizio interessante, ovvero l’accesso all’immagine della pagina scannerizzata prima di effettuare il lavoro di riconoscimento testuale. Funzione utile per controllare eventuali errori di riconoscimento del testo che pare colpiscano i libri digitalizzati in massa da Google in misura maggiore rispetto a quelli controllati con maggior precisione dal progetto Gutenberg. Se una parola pare strana o errata, si può accedere alla foto e controllare. È un’idea carina.
Per farsi un’idea di quanti libri ha scannerizzato Google negli ultimi sei anni:
When Google Books first launched in 2004, we set out to make the information stored in the world’s books accessible and useful online. Since then, we’ve digitized more than 15 million books from more than 35,000 publishers, more than 40 libraries, and more than 100 countries in more than 400 languages. This deep repository of knowledge and culture will continue to be searchable through Google Books search in the research section alongside the ebookstore.
Fonte: The Official Google Blog
Quello che non mi piace di Google eBooks è anche il suo punto di forza: la “biblioteca nelle nuvole”. Se compri un libro sul Google eBookstore (o tramite una libreria che si appoggia a Google eBooks come distributore), non lo ricevi automaticamente sul tuo lettore: il libro rimane stoccato sui server di Google. Alcuni libri si potranno anche scaricare come ePub e/o PDF, ma il problema rimane questo “anche”: il diritto a possedere una copia dell’oggetto e non solo a consultarla non è un “di più”, è il servizio fondamentale da dare all’acquirente. La biblioteca sincronizzata nelle nuvole, per leggere con comodità su ogni dispositivo disponibile con accesso al Web (smartphone, notebook, pc, tablet, eReader), è il di più che Google dovrebbe fornire per convincere qualcuno a comprare da lei invece che da Amazon.
È una questione di atteggiamento verso l’idea di cosa sia il libro. Cancellare un libro che è stato acquistato è uno schifo, anche se si restituiscono i soldi (come accadde sul Kindle uno o due anni fa). Impedire al cliente di mettere in salvo il proprio libro in modo comodo, ad esempio per consultarlo offline (o per difenderlo da future censure), è uno schifo. Quando si vende un libro non si sta vendendo solo il diritto di accesso al libro: si sta vendendo una copia del suo contenuto affinché il lettore ne faccia un uso non-commerciale il più libero possibile, nei limiti previsti dalla legge. Io non pagherei mai nemmeno un centesimo per un libro disponibile solo sul web, se non avessi la certezza di poterlo esportare (anche con mezzi illegali, come già avviene nel levare i DRM) in un file mio da conservare come e dove preferisco (e convertirlo in altri formati se così mi va).
Google naturalmente ha accettato di mettere i DRM sui libri degli editori che li vogliono. Non si poteva fare molto e Google non poteva certo ritardare il lancio di altri mesi e mesi nel tentativo di raggiungere un accordo con gli editori. Se vogliono i DRM, avranno i DRM. Ovviamente forniti da Adobe, come quelli che già gli editori italiani mettono sugli ePub.
Anche questo è uno schifo, ma la colpa non è di Google. Ok, non sta lottando per i nostri diritti ad accedere senza restrizioni ai prodotti culturali che abbiamo pagato (l’idea della biblioteca nelle nuvole senza file da scaricare ne è una prova), ma non si può incolpare per aver chinato il capo di fronte agli editori e accettato i DRM di Adobe.
Google spiega la sua “biblioteca tra le nuvole”
Amazon, come già nel caso B&N, non è rimasta con il pisello in mano.
Nemmeno due giorni dopo l’annuncio della biblioteca nelle nuvole in cui leggere l’enorme quantità di libri privi di copyright, Amazon ha risposto annunciando che l’applicazione Kindle for Web permetterà di fare le stesse cose, sincronizzando i libri su ogni dispositivo dotato dell’apposita applicazione. Il vantaggio di Google è stato disinnescato in un attimo. Amazon, come sempre, aveva la contromossa disponibile da un pezzo e attendeva solo il momento in cui estrarla per far fare la figura dello scemo al concorrente.
Per il momento Google non pare una seria minaccia per Amazon, come sottolineato in questo articolo di Piotr Kowalczyk. Non è una minaccia un po’ perché la cosa più innovativa che forniva la fornisce anche Amazon, ma soprattutto perché tutto il resto fa domandare: perché cavolo dovrei comprare un libro da questi mongoli invece che dal caro, vecchio Amazon?
Io al momento non vedo nessun motivo ragionevole per comprare eBook su Google invece che su Amazon: il secondo ti fornisce assistenza clienti (leggendaria per gli oggetti fisici) mentre il primo, boh, forse uno sputo in bocca; e Amazon in più ha tutta la sua rete di commenti, collezioni e consigli costruita nel corso degli anni che Google non può tirar fuori dal cilindro in un battibaleno. Google ha un nome potente, ma anche Amazon non è da meno, però Google di sicuro non ha la fama e la fiducia dei clienti che Amazon possiede.
L’annuncio in stile “leggi ovunque, quando vuoi” con cui hanno lanciato Google eBooks è stato un fail di dimensioni colossali. Sapete dove non funzionava (funziona?) la loro applicazione, anzi, di più, tutto il loro schifoso sito di vendita? Su iPhone 4. Non è proprio un dispositivo secondario! Google eBookstore si vede perfettamente su iPad e si possono sfogliare i libri, mentre su iPhone 4 no. In compenso sugli smartphone con Android, l’OS di Google, il programma di lettura va un po’ alla cazzo di cane. Ah, beh, leggi proprio dove vuoi e quando vuoi…
Google però è un gigante della ricerca. La sua capacità di trovare libri in modo semplice, intuitivo ed efficiente sarà di sicuro la caratteristica fondamentale che lo renderà un competitore di alto livello, no? No, per ora no. Come fa notare Piotr Kowalczyk per ora la ricerca fa schifo, è difficile perfino ottenere il libro che cerchi dando il titolo e, in generale, sembra una merda rispetto al sistema di ricerca di Google Books. Cos’è, la versione eBooks è una de-evoluzione del sistema precedente? Vergognatevi.
Searching for a book is not easy. It’s strange because you, Google, are the search giant. Comparing to a “mother service”, Books, the e-bookstore’s search tool is painfully basic. There is no option to find a free title or to find a title by a date of publication. Where is the option to find a book by a file format?
Using the search tool is frustrating. Whatever I’m looking for, first publications on a list of results are the ones from a Library of Congress. Or maybe I’m looking for incorrect books.
Vi consiglio di leggere tutto l’articolo di Piotr Kowalczyk.
Per ora nessuna informazione sull’unica cosa che mi interessasse: l’autopubblicazione. L’unico motivo per cui tanti, me incluso, fino a pochi mesi fa speravano nell’avvento di Google eBooks era il fatto che avrebbe di sicuro sfruttato la coda lunga e aperto alle autopubblicazioni. Fa niente, vedremo che accadrà nel 2011. Passiamo alle percentuali che Google vuole trattenere per il servizio di distribuzione degli eBook:
“Reseller Revenue Split” is forty five percent (45%) of the List Price (subject to Sections 4.4 (Exceptions) and 4.5 (Fraud)).
“Standard Revenue Split” is fifty-two percent (52%) of the List Price (subject to Sections 4.4 (Exceptions) and 4.5 (Fraud)).[…]
Revenue Split.
(a) Standard Revenue Split. For Google Editions sold through the Google Services, Google will pay you the Standard Revenue Split.
(b) Reseller Revenue Split. For Google Editions sold through Authorized Resellers, Google will pay you the “Reseller Revenue Split”.Discounts. Google and its Authorized Resellers may discount the List Price and the Bundled Price at their sole discretion and in this case the Standard Revenue Split and the Reseller Revenue Split will be based on the List Price.
Cosa? Google invece del classico 70-30 del modello Agenzia vuole tenersi il 48%? Addirittura il 55% se deve dare una fetta a un suo rivenditore autorizzato (per ora Powell’s e Alibris). Però c’è anche un altro aspetto da considerare: Google può fare sconti e variare il prezzo verso il basso a propria discrezione, ma l’editore riceverà sempre la stessa cifra accordata. Che Google voglia approfittarne per innescare una guerra dei prezzi con Amazon ed Apple?
Facciamo un esempio.
Con il modello agenzia su Amazon ed Apple ora un grosso editore può mettere in vendita un libro a 10$ e riceverne 7$ in cambio. Se mettesse il libro in vendita su Google eBookstore potrebbe dire di volerlo vendere a 10$ e ricevere da ogni vendita 5,2$. Ora io non sono un genio della matematica, ma credo che 7$ sia più di 5,2$, no? Google però potrebbe fare quello che Amazon non può più fare, ovvero decidere di abbassare il prezzo con degli sconti: se un libro a 10$ costa troppo (e la risposta è sì, costa troppo), Google potrebbe venderlo a 6$ e l’editore otterrebbe sempre 5,2$. Vendendo molte più copie di Amazon ed Apple, che si vedrebbero sfuggire una bella fetta di clienti, può fare concorrenza puntando non a guadagnare di più, ma a far guadagnare loro di meno. E a Google i soldi non mancano per tentare un testa a testa di pura forza bruta.
Solo a livello teorico, ovviamente.
Pare infatti che le condizioni standard siano discutibili e che gli editori, nel caso, possano ottenere il classico 70-30 del modello Agenzia, incluso il controllo assoluto del prezzo finale, come con Amazon e con Apple. Controllo che, come suggeriva Zweilawyer in questo articolo, potrebbero voler mantenere per tenere alti i prezzi e rallentare la crescita del settore eBook (tra aprile e giugno ce l’avevano fatta benissimo negli USA) nell’attesa che scadano i contratti che li legano a un sacco di figure professionali che esistono solo nel mondo della carta. Faranno pagare ai clienti i costi della propria conversione industriale a furia di eBook a 9,99$-15,99$ invece che a 1,99$-4,99$, per poi passare a prezzi competitivi e in grado di ottenere incassi molto superiori solo quando la carta sarà morta. Merdaviglioso: peccato che non tengano conto di star così stimolando la pirateria libraria (e gli autori autopubblicati) in un modo tale che potrebbe ucciderli in futuro.
A guardare le percentuali che Google vuole trattenere (48%-55%), possiamo anche mandarlo a cagare: ormai in Italia gli autopubblicati hanno Narcissus (dà all’autore il 60%) per apparire in tutte le principali librerie online (IBS, Bol, Telecom ecc…). E poi c’è Amazon che, prima o poi, aprirà anche la sezione eBook per Kindle e le autopubblicazioni in Italia (col 70% all’autore immagino). Google sarà un di più, probabilmente nemmeno il più vantaggioso come percentuali, e non lo strumento principale/unico delle autopubblicazioni nei primi anni di avvento della lettura digitale in Italia. Per il futuro più lontano chi lo sa. L’unica certezza è che nel futuro sarete tutti morti e i conigli domineranno di nuovo la Terra.
Per finire vi lascio al video in cui Gino Roncaglia mostra le funzionalità di Google eBooks usando un iPad registrato negli USA.
Gino Roncaglia parla di Google eBooks
Nel prossimo articolo sugli eBook e sul mondo che vi ruota attorno, parlerò delle ultime offerte Telecom in ambito di lettura digitale.
Duca, non ho l’iPhone (quindi non so dirti se funziona bene), ma il programma per iPhone4 c’è:
Quello che non è supportato è il Windows7 Phone, che sta vendendo benino ed è davvero un buon sistema operativo per uno smartphone.
Per ora ho provato solo i libri gratuiti che ti mettono già nell’account (Alice, Great Expectation e Pride&Prejudice). Per tutti e tre c’è anche la versione scaricabile.
Penso che il problema dei libri solo online sia analogo a quello del DRM: Google dice che l’assenza della versione downloadabile è un limite imposto da alcuni editori.
Probabilmente, i testi solo online saranno delle esclusive Google: ebook che escono prima della/insieme alla versione cartacea e che per un certo periodo si potranno leggere sollo online; dopo qualche settimana/mese metteranno fuori anche i formati ePub e PDF. Sarà una di quelle cose che fanno per spingere la gente a comprare le copie cartacee o per ritardare la diffusione delle copie sprotette/piratate. Se sai che dopo un mesetto esce l’ ePub/PDF non ti sbatti a scannerizzare un libro cartaceo: aspetti il file downloadabile, gli togli la protezione e gli cambi formato o lo metti in giro. Chi non può farne a meno e non ha pazienza di aspettare la copia pirata, se lo compra e se lo legge online
PS: se il mercato a cui punta google è quello americano, la versione solo online non è un gran problema. Città come San Diego, Los Angeles, Chicago e New York sono quasi totalmente coperte dal WiFi: entri in un bar, in un ristorante o in una libreria grossa e hai il WiFi gratuito.
PPS: Pollice nel pugno per la scelta del formato. 🙂
Ben detto Duca, la penso anch’io come te. Se questi di Google si muoveranno sempre così, Amazon non ha da temere granché. Avevo letto il pezzo di Kowalczyk e l’avevo trovato in effetti illuminante, per quanto penso che prima o poi a Google prenderanno delle contromisure, se non vogliono davvero replicare i grandi successi di Google Buzz e Google Wave. Siamo in altri ambiti, per carità, ma è la dimostrazione che di castronerie da quelle parti se ne fanno tante.
A difesa di Google potremmo dire che la sua politica sembra quella di orientare il mondo informatico verso il Cloud Computing.
Basta pensare anche a ChromeOS, Google Docs, Gmail… e tutti gli altri servizi che attualmente ha messo in piedi. Era inevitabile che anche i suoi ebook rispondessero a questi crismi.
Discutibile? Boh. E’ una politica che può vincere o perdere ma, tutto dipende da noi utenti che decideremo se premiarla o meno. E visto che il “possesso fisico” dell’oggetto è ancora intrinseco nel nostro modo di pensare… ho qualche dubbio che possa essere una politica vincente nel breve periodo.
Ciò che mi scoccia è che si presentino (per lo meno così ho letto sulla stampa italiana) come qualcosa di completamente nuovo quando B&N già offre le stesse cose e, così pure Amazon.
Quanto ai DRM di Adobe… Bah!
Ciao Duca! Anche a me questa uscita di Google lascia un bel po’ perplesso. Resta da capire se in prospettiva potrà essere una scelta profittevole dal loro punto di vista (non certo dal nostro) nel caso in cui riusciranno ad imporsi come modello (unico). Difficile, credo, ma non si sa mai: hanno dimostrato di avere l’occhio molto lungo. In prima battuta mi viene da dire che per il signor G (e non solo) poter contare sul controllo finale dei contenuti non è certo male e il cloud computing su questo è perfetto. In più gestire direttamente il corpo dei contenuti permetterà, eventualmente, l’inserimento di campagne pubblicitarie continuamente aggiornabili con conseguente abbattimento del costo finale per la fruizione del testo all’utente finale. Questo è un fattore che innalza il fattore competitività alle stelle. Google è sinonimo di web e a Mountain View lo sanno bene. Testo che arriva in streaming, e che quindi ristabilisce la cara vecchia verticalità. O almeno ci prova.
Anche io, fin da quando ne ho sentito parlare, ho avuto molti dubbi su questo nuovo servizio di Google. In effetti, continuo a dubitare dell’efficienza della gestione “cloud” dei dati, soprattutto se mettiamo nell’equazione fattori come le difficoltà di connnessione, le effettive prestazioni dei dispositivi di lettura, la mancata diffusione di infrastrutture delle reti di qualità adeguata in diversi Paesi del mondo (noi compresi, ovviamente).
E anch’io non amo il passaggio dal modello di proprietà di un bene culturale a quello della detenzione di una semplice “licenza” al suo utilizzo, come è purtroppo per il software. E’ materia di studio per gli specialisti degli IPR ed è un modello che può essere soddisfacenti solo per i detentori dei suddetti diritti di proprietà intellettuale, non certo per gli utenti finali (noi).
Passi l’idea che non sto comprando un sistema operativo, ma il diritto di utilizzarlo. Passi anche l’idea che non sto acquistando l’ultima versione di Pac-Man in 3D con dolby surround e altissima definizione, ma solo il diritto di giocarci. Ma l’idea che tale modello possa essere applicato ad un bene culturale, ad un qualcosa che mi deve arricchire intellettualmente e che io posso reimpiegare per arricchire intellettualmente chi mi sta vicino parlandone, riflettendoci su e anche usandolo come spunto creativo a mia volta è francamente sconcertante.
@Uriele
Come spiegato negli articoli linkati il sito di Google eBookstore appena aperto non funzionava con iPhone. Punto. Il fatto che se avesse funzionato forse si sarebbe potuto usare l’applicazione, è irrilevante: l’applicazione uno proprio non arrivava a scaricarla. O magari c’era il complotto Giudeo contro Google per dire che non funzionava perché sì perché è fantasy. Può essere. Dopo una settimana si spera che l’abbiano reso compatibile coi dispositivi mobili diversi dai cellulari Android…
Per le altre considerazioni sullo scanning dei libri cartacei ecc… e l’attesa che esca l’ebook da piratare con più comodo, ovvero il classico problema delle finestre temporali (che però sono un cazzata perché la pirateria a meno che la finestra sia minuscola NON la fermi), ne avevo già parlato nei due anni precedenti.
No. Come già chiarito fin da 14 mesi fa, Google è interessato a estendere il servizio ovunque possibile. Comunque il problema non è la connettività: se hai letto l’articolo sai bene che il problema di fondo è nel dire che “il cliente è un bastardo figlio di puttana che non ha diritto a una copia del proprio libro, ma solo a consultare quella che noi liberamente censureremo, modificheremo, cancelleremo a piacere senza che lui possa difenderla con il Download e al massimo gli rimborsiamo i soldi per riprenderci il suo acquisto” (e se trovi un modo per fare il download o copiare i dati inviati allo schermo, stai violando la legge probabilmente).
Se tu ti senti un “bastardo ecc…” e quindi sei d’accordo che gli editori ti considerino così, è ok. Io invece mi sento ancora un essere umano con dei diritti e voglio poter scegliere cosa è così insignificante da meritare di rimanere solo nella nuvola (la massa delle mail, ad esempio) e cosa voglio invece backuppare e conservare in altre località, magari cancellandolo dalla mail (allegati di vario tipo).
La posizione contro il solo-cloud è univoca tra tutte le persone sane di mente e gli specialisti di settore. Domandati perché.
@Marco
È vero, Google ha una lunga storia di fallimenti che vanno dal fail di poco conto al fail disastroso. Qualche volta ne imbroccano una giusta, ma nella massa di cazzate fatte non paiono dei gran geni nel capire cosa vuole la gente.
I progetti legati al libro e quindi alla possibilità per Google di catalogare il contenuto dei libri nuovi, senza casini con gli editori, credo siano troppo preziosi per Google perché possa permettersi di fallire di nuovo come in tanti altri progetti passati avviati con squilli di trombe.
In qualche modo renderanno il tutto appetibile. O ci penseranno i crackattori, risolvendo il problema dei libri non scaricabili (a quello dei DRM hanno già risposto senza problemi). Si riaprirà il tradizionale teatrino per cui una tecnologia si afferma non per le proprie qualità, ma perché dei criminali operano nell’illegalità per ovviare a mancanze così gravi che la renderebbero un fallimento da mentecatti?
L’angolo del rompicoglioni:
“Come fa notare Piotr Kowalczyk per ora la ricerca fa schifo, è difficile perfino ottenere il libro che cerchi dando il titolo e, in generale, sembra una merda rispetto al sistema di ricerca di Google Books”
Intendevi Amazon, o sono io mongoloide?
No, il sistema di ricerca di Google eBooks secondo il polacco fa schifo rispetto proprio a quello di Google Books (vedere grassetto):
Non mi pronuncio, ma mi fido del polacco. È un esperto nel suo ambito.
Sono cose che Google risolverà senza problemi. Spero. È il loro campo…
Ok, prendo atto e mi scuso per la vana pedanteria ^^