Categories: Tè, caffè e tisane

Fare un buon tè, guida per principianti

Fare il tè è facile, giusto? Acqua bollente, una tazza, una bustina del nuovo tè verde appena comprato, una manciata di minuti a occhio e… argh, che schifo, è amarissimo!
Oppure prepararsi un bel English Breakfast e trovarsi in tazza un sapore fiacco (o aspro e amaro), con una patina oleosa percorsa da fratture che galleggia sul liquido. Non ci siamo.

Va bene, non era poi tanto semplice. Perlomeno non se si vuole fare il tè bene, nei limiti della qualità del tè che si sta usando. La tecnica corretta permette di ridurre al minimo la perdita di qualità del tè, fondamentale sia quando si impiegano tè pregiati che quando si tracannano discutibili bustine da supermercato italiano.

Tè di scarso pregio dei supermercati e cattiva preparazione spiegano la scarsa diffusione del tè in Italia.

Cominciamo domandandoci quali sono i parametri di una buona infusione, senza considerare le foglie di tè (buone o meno che siano). Dei molti tipi di tè parleremo un’altra volta. L’ingrediente principale per fare il tè è l’acqua, a una certa temperatura, in cui le foglie vengono messe per un certo tempo.

  • Acqua.
  • Temperatura.
  • Tempo.

Direi che abbiamo i tre criteri su cui ragionare. Gli ultimi due variano di tè in tè, anche se possiamo trovare una regola generale per le diverse tipologie, mentre il primo è uguale per tutti.

Do per scontato che sappiate di cos’altro avete bisogno per un buon tè: bollitore, teiera (a meno di non fare l’infusione in tazza), tazza per poter bere, bustine di tè oppure filtri/infusori per il tè sciolto. Infusori larghi, più spazio il tè ha per espandersi e meglio è: evitate le palline di rete metallica da 3 cm, anche solo per 3 grammi di tè servono perlomeno quelle da 5 cm. Meglio ancora infusori tronco-conici in nylon (dopo ne segnalo uno).

L’acqua giusta per il tè.

Quando si prepara il tè l’acqua è l’ingrediente principale, ma qual è l’acqua migliore per fare il tè? Un’acqua poco dura, meglio ancora se morbida, e con un PH neutro. Dopo vedremo come leggere l’etichetta dell’acqua in bottiglia.
Se parliamo di acqua di rubinetto ovviamente non deve avere odori propri: se puzza di cloro o di zolfo o di ferro, non va bene. E vale lo stesso discorso delle acqua in bottiglia: se ha molto calcare non va bene (in zona Aversa mi dicono che l’acqua è così calcarea che macchia di bianco i vestiti e non è consumabile senza abbonarsi ai calcoli renali).

Ma “poco” e “molto” non significano niente, non sono parametri misurabili. Traduciamoli. Ecco quattro valori ideali da cercare nell’acqua da usare per il tè:

  • Residuo fisso a 180 °C: 150 mg/L o inferiore.
  • PH: 6,5-7,5, idealmente 7 preciso.
  • Magnesio: 10 mg/L o inferiore.
  • Calcio: 10 mg/L o inferiore.

Ci sono altri parametri nelle analisi dell’acqua, ma per il tè questi quattro sono sufficienti. Soprattutto i primi due. Di solito l’acqua dei rubinetti ha un residuo troppo alto, troppo calcare, e spesso puzza. Il problema più tipico è il cloro, usato per purificarla.
Chi ha la fortuna di ottenere l’acqua dai monti, magari tramite vecchi sistemi di acquedotti, come avviene a Bergamo, può di solito godere di acque buone. Le città in pianura che devono succhiare l’acqua dal sottosuolo con i pozzi di solito ce l’hanno piena di schifezze. La realtà è più complicata di così, ma diciamo che questa è una semplificazione comprensibile.

Anche Lu Yu apprezzava l’acqua montana e scrive nel suo Canone del Tè (Cha Jing):

Il tè fatto con l’acqua dei torrenti montani è il migliore, l’acqua di fiume è adeguata, ma l’acqua dei pozzi è molto inferiore.

E se proprio bisogna prenderla dal fiume, meglio farlo dal centro tumultuoso e non dalle rive frequentate da uomini e animali, dove l’acqua ristagna. Poi fa un discorso su geni maligni nell’acqua che ribolle naturalmente (calcare anche lì? Zolfo? Boh?) e attribuisce ad alcuni tipi di acqua i malanni alla gola.
Ok, sorvoliamo, è pur sempre un autore di 1300 anni fa (periodo della Dinastia Tang in Cina) e se iniziamo a fargli le pulci finisce come con Aristotele quando parla di fisica. Apprezziamo il suo discorso che alla fine ci parla di calcare nell’acqua in modo empirico… al palato fino di Lu Yu la differenza tra acqua e acqua era immediata.

Lu Yu (733-804 d.C.), conosciuto come il Santo (o Dio) del Tè, scrisse il primo trattato sul tè nel 758 d.C.

Com’è l’acqua dei rubinetti? Se la vostra non puzza e non vi macchia di calcare i vestiti, cercate online e sul sito del vostro comune o altrove troverete le analisi (spero) aggiornate. Occhio in particolare al residuo fisso.

Facciamo due esempi di acque molto diverse:

  • Bergamo, la migliore d’Italia, senza odori, analisi del 30 giugno 2015 della Circoscrizione 1: residuo fisso 231 mg/L – PH 8,1 – calcio 51 mg/L – magnesio 17 mg/L.
  • Bologna, analisi del 9 marzo 2013: residuo fisso 396 mg/L – PH 7,4 – calcio 92 mg/L – magnesio 18 mg/L.

Mentre l’acqua di Bergamo ha un PH un pochino troppo sbilanciato verso il basico, mentre quella di Bologna è molto più bilanciata, va rilevata la grossa differenza di sali minerali disciolti. Con un residuo di 231 mg/L a Bergamo il tè viene ancora bene, tant’è che passando alle acqua in bottiglia migliori ho notato solo un leggero miglioramento sui tè di qualità, con aromi più distinti tra loro e un’eleganza di fondo migliore. Una differenza così piccola che sto usando l’acqua in bottiglia solo per i tè migliori, e continuo a usare quella dei rubinetto per quei tè che comunque non hanno alcun beneficio dal cambio. Qui qualche informazione sui valori delle acque.

Devo dire che, curiosamente, anche l’acqua di rubinetto di Porretta Terme, in albergo, era idonea al tè. Ricordo una differenza così lieve tra le bustine di Ceylon di Mlesna consumate con l’acqua locale (mi ero portato un piccolo bollitore da viaggio) e quelle preparate a Bergamo, e comunque non sgradevole, da essere non significativa. Non erano tè pregiati, ma erano comunque tè buoni.
Forse l’albergo aveva un qualche sistema per abbattere il residuo filtrando ulteriormente l’acqua, non so… comunque a quanto leggo i comuni montani della provincia di Bologna, in questo caso a due passi dalla Toscana, pare abbiano un residuo fisso molto inferiore ai comuni in pianura (309 contro 445). Come diceva Lu Yu, no?

Che acqua in bottiglia usare?

Come detto, non sono tutte uguali. Acqua in bottiglia non vuol dire niente: ho visto acque all’Iper, di marchi non economici, arrivare a 800 mg/L di residuo. Autentiche schifezze calcaree ammazza tè. Io uso l’acqua Fonte Caudana Guizza, che è la più economica (0,09 euro al litro) e ha parametri molto validi (74 mg/L di residuo fisso e PH 7,2).
Spesso leggo in giro della leggerissima e costosa acqua Lauretana (0,37 euro al litro), ma ho i miei dubbi sulla sua superiorità, sia guardando i dati che per prova diretta nel confronto con la Caudana. L’acqua Lete, famosa per i suoi spot atroci con la particella di sodio solitaria, è un’acquaccia pessima per il tè con un residuo di ben 860 mg/L (vedi etichette sotto) e poi è naturalmente effervescente, per cui non è idonea, ma mica ve lo devo dire io che l’acqua frizzante non va bene, no?

Acqua Lauretana
Acqua Fonte Caudana Guizza
Acqua San Benedetto
Acqua Vitasnella
Acqua Lete
Comparazione Residuo Acque

Ciò che mi insospettisce della Lauretana è che il residuo fisso è fin troppo basso, forse, ma soprattutto il PH 6 è troppo acido. Non va bene, un 6 è sbagliato come un 8. Tra le acqua migliori in commercio la San Bernardo (PH 7 e residuo 34,5 mg/L) e la Sant’Anna di Vinadio (PH 7,4 e residuo 43,2 mg/L).

Il residuo non deve essere zero. Un po’ di sali minerali servono al tè per sprigionare i suoi aromi, per cui se pensavate di usare acqua distillata o del tutto demineralizzata vi consiglio di cambiare idea: il tè avrebbe sapori chiusi, piatti, poco interessanti. Un tè cattivo.

Se impiegate sistemi di depurazione dell’acqua casalinghi, per esempio a osmosi inversa, e non semplici caraffe filtranti che abbattono solo in parte il calcare, l’acqua quasi sicuramente non sarà idonea al tè: servirebbe un’acqua davvero tremenda per conservare ancora sufficienti minerali per il tè dopo il passaggio nel depuratore.

Il valore di residuo perfetto, secondo me, è 30-40 mg/L. Io mi trovo benissimo con la mia Fonte Caudana Guizza da 74,8 mg/L per cui non spenderò di sicuro il quadruplo per un’acqua come la Lauretana, ma se potete procurarvi la San Bernardo ve la consiglio caldamente. Anche l’ossigeno libero disciolto nell’acqua aiuta a ottenere un buon tè, ma non è un parametro che vedo sulle bottiglie per cui amen.

Come capire al volo se state usando un’acqua con troppo calcare? Appariranno sul tè delle crosticine sottilissime, una patina di figure spezzate: il calcare che ha rubato sapore al tè. Per ottenerla con l’acqua di Bergamo devo usare del tè all’ultima infusione: qui un tè nero alla terza infusione, per far sì che il calcare (non molto) riesca a legare con i pochi olii rimasti nelle foglie ormai prosciugate.

Dopo l’acqua… la temperatura.

Ne avevamo già accennato nell’articolo sul mio percorso verso il tè: tipologie diverse richiedono temperatura diverse. Se il tè verde ti viene amarissimo è perché usi acqua troppo calda. Se il tè nero ti viene fiacco è perché l’acqua era troppo fredda. Dopo parleremo anche del tempo di infusione e di infusioni successive riutilizzando le foglie.

La temperatura dell’acqua in cui il tè deve trovarsi quando inizia l’infusione è variabile. Se il venditore include la temperatura, prova prima a rispettare quella. Se non va bene, tenta i consigli generali qui sotto. Con “nero” intendo anche quelli cinesi, che loro chiamano “rossi” (es: Keemun). Ho dedicato più spazio ai tè verdi giapponesi (maccha/matcha escluso, perché non si usa il metodo di infusione occidentale descritto in questo articoli) perché li preferisco ai cinesi e perché sono pochi, mentre distinguere col nome tutti i verdi cinesi (una miriade) avrebbe richiesto un lavoro troppo grosso:

  • Nero: 95 °C o più
  • Oolong: 95 °C o più
  • Pu’er: 95 °C o più
  • Nero più delicato (alcuni Yunnan e alcuni Ceylon o i Darjeeling First Flush): 90 °C
  • Oolong delicati (Nai Xiang, aromatizzati di Taiwan): 80-85 °C
  • Verde cinese: 75-85 °C
  • Giallo: 75-85 °C
  • Bianco: 70-80 °C
  • Verde giapponese (Genmaicha): 85-90 °C
  • Verde giapponese (Bancha, Sencha, Maccha Genmai): 75-80 °C
  • Verde giapponese (Kabusecha): 70-75 °C
  • Verde giapponese (Gyokuro): 60-65 °C

Lista troppo generale, ma è una base di inizio. Dovrai imparare dai tuoi tè cosa fare di volta in volta: ho provato tè neri di Ceylon che reggevano perfettamente temperature oltre i 95 gradi, con acqua bollente versata sopra le foglie, e ho provato altri Ceylon i cui sapori sopra i 90 gradi si appiattivano e chiudevano (e addirittura, se aromatizzati ai frutti, lasciavano note sgradevole e pungenti). Consiglio: se senti note sgradevole, amare, pungenti… ritenta la prossima volta, con nuove foglie, con 5-10 gradi in meno. 🙂

Col coniglio meglio non superare i 40 °C.

Come fare a ottenere queste temperature?

Tre metodi principali. Dopo vedremo anche come capire la temperatura dell’acqua mentre sta riscaldando, senza usare un termometro, e come i contenitori in cui si versa l’acqua influiscono nel raffreddarla.

Nel primo metodo si riscalda la teiera o la tazza da infusione con acqua bollente, in modo che divenga più calda possibile. Io riempio la tazza o la teiera, altri ne mettono di meno e poi girano l’acqua su tutta la superficie. Intanto si prepara l’acqua alla giusta temperatura: quando è pronta si butta via l’acqua del pre-riscaldamento, si infilano le foglie o le bustine e si versa l’acqua alla giusta temperatura che incontrando un contenitore già caldo non perderà temperatura in modo rilevante (se 95+ gradi) o per nulla (se inferiore).

Metodo perfetto per i tè che richiedono 95 o più gradi: senza pre-riscaldare la tazza o la teiera è impossibile avere quella temperatura dopo aver versato l’acqua. Ideale anche se avete un bollitore figo che vi permette di decidere la temperatura. Dopo analizzeremo i crolli di temperatura in diversi contenitori freddi. Per il pre-riscaldamento io uso sempre l’acqua di rubinetto, tanto non puzza.

Nel secondo metodo si fa acqua bollente e la si versa nel contenitore freddo, ma meno di quella richiesta. Con dell’acqua a temperatura ambiente si corregge la temperatura. Quando è ok si aggiungono le foglie. Qui l’unico modo per far giusto è usare un termometro (e seguire l’andamento, correggendo con caldo o freddo) oppure pesare prima l’acqua, conoscere la temperatura in tazza/teiera e, con un paio di calcoli matematici, stimare l’acqua a temperatura ambiente necessaria da aggiungere. Io uso il termometro. Ottimo metodo per i tè verdi e bianchi.

Per esempio nella mia teiera da due tazze in vetro borosilicato so che se la riempo con 0,6 litri fa 93-94 gradi (a 20 gradi ambientali), mentre se la riempo con solo 0,45 fa 90 gradi. Se aggiungo il resto, 0,15 litri, a 20 gradi ambiente ottengo circa 77 gradi. Se è una seconda o terza infusione di un tè che chiede 70-75 gradi siamo già a posto: le foglie ancora umide e ormai fredde 2-4 gradi in più li richiederanno per compensare. Facile, no?

Nel terzo metodo si versa acqua bollente nel contenitore freddo e si aspettano un po’ di minuti finché non scende di temperatura. Il metodo più comune ancora oggi, in Cina o altrove, ma non ideale. Richiede un termometro oppure, perlomeno, una conoscenza esatta del comportamento dei propri contenitori, misurando la perdita di temperatura tipica minuto per minuto e registrandola. Meglio il termometro, tanto costano pochi euro nei negozi di tè o online. Una variante è quella di versare in contenitori a temperatura ambiente l’acqua e travasarla per accelerare il raffreddamento (anche qui è richiesta una conoscenza empirica dei propri contenitori).

La sintesi grafica di Hitler in un bollitore.

Considerate, riguardo al terzo metodo, che l’ossigeno libero in acqua se ne va sempre di più al superamento dei 40 °C, per cui portare a 90 o 100 gradi un’acqua da usare a 70 ha poco senso, perché si perde molto più ossigeno, mentre se la correggi con acqua a temperatura ambiente (e con più ossigeno libero) il risultato è migliore.

Per lo stesso motivo è sapere comune tra gli amanti del tè (lo dicono anche i britannici) che l’acqua che ha già bollito non deve bollire di nuovo, e che in generale l’acqua per il tè deve bollire tumultuosamente (100 gradi) al massimo pochi secondi, meglio ancora se la si ferma a 98 gradi prima che inizi a ribollire.

Visto che non è sempre caviale disponibile un termometro, vediamo come calcolare a occhio la temperatura sia nel riscaldamento dell’acqua su fiamma o bollitore elettrico che dopo, quando è versata. Sconsiglio di fare tutto a occhio: foglie pesate a occhio, temperatura a occhio, tempo a occhio… si finisce come quell’ingegnere che misurava col righello, segnava col gessetto e tagliava con una scure. 😉

Valutare a occhio l’acqua che si scalda.

Come faceva Lu Yu a capire che l’acqua era pronta per il tè, nell’ottavo secolo? Non aveva un termometro da tè sottomano, probabilmente, e di sicuro non aveva un bollitore regolabile. Ecco cosa ci dice nel Canone del Tè:

Quanto alla bollitura, quella con bolle come occhi di pesce e suono debole è considerata la prima bollitura. Quella in cui le bolle, simili a perle di una collana, si raccolgono lungo il bordo del recipiente come in una sorgente gorgogliante è considerata la seconda bollitura. Quella simile a marosi che montano e onde che s’infrangono è considerata la terza bollitura. Superata la terza bollitura, l’acqua invecchia e non la si può più bere.

Dalle considerazioni di Lu Yu nascono i cinque stadi dell’acqua, il sistema tradizionale cinese per valutare la temperatura osservandola. Ovviamente non vale per l’acqua scaldata al microonde, ma tanto usarla sarebbe comunque una cattiva idea: è meglio (si dice) che l’acqua riceva il calore, a fiamma o elettrico, dal basso portando a quel naturale ricambio alto-basso di acqua più calda e più fredda nel bollitore. Con un po’ di pratica potrai riconoscere la temperatura con uno sguardo:

  • Occhi del gamberetto (71-78 °C): il vapore è appena visibile e le bolle sono piccine come capocchie di spillo, sul fondo del bollitore. Idonea per molti tè giapponesi e alcuni bianchi, se la teiera è stata già riscaldata.
  • Occhi di granchio (78-82 °C): vapore sale dritto e visibile, le bollicine aumentano di dimensione. Questa è la temperatura per i verdi cinesi.
  • Occhi di pesce (83-89 °C): bollicine ancora più grandi, che iniziano a staccarsi dal fondo e andare in cima, prima sono poche e poi sono sempre più veloci e numerose.
  • Collana di perle (90-96 °C): il flusso di bolle dal fondo alla cima è costante e molto rapido.
  • Torrente impetuoso (100 °C): l’acqua ribolle tumultuosa, da spegnere entro pochi secondi prima che sprechi troppo ossigeno ulteriore. Adatta per i Pu’er, mentre per i neri andrebbe interrotta subito prima, al confine tra qui e la fase precedente, 97-99 °C.
L’interno di un blindato britannico.

Ricorda sempre che la temperatura indicata per il tè è quella di infusione. Se il contenitore è freddo e quindi l’acqua perderà subito parecchi gradi, devi o usare acqua ancora più calda per contrastare oppure scaldare prima il contenitore (teiera o tazza che sia) con acqua bollente o perlomeno molto calda.

Per esempio potete scaldare un litro d’acqua per fare 0,75 litri di tè nero e quando arriva a 90 gradi versarne un quarto nella teiera, rimettere il resto a continuare la bollitura e far girare per bene quel quarto di litro per scaldare tutta la teiera. Se invece usate un bollitore che è anche teiera, con filtro estraibile, non vi resta che lasciar cadere dentro il filtro da infusione col tè appena la temperatura è giusta. Con la mia bella tetsubin giapponese un tempo facevo così.

Come versare l’acqua dal bollitore alla teiera? In base al metodo scelto per ottenere la temperatura sarà possibile versarla sopra le foglie, accelerando il rilascio di sostanze, oppure immergere le foglie col loro infusore nell’acqua dopo aver versato. Sui tè neri o sui pu’er va bene anche versare sopra, mentre sugli oolong, un po’ più delicati, è meglio colpire la teiera lateralmente e fare sì che il torrente sciacqui e mescoli le foglie, senza schiacciarle giù con la forza della cascata d’acqua.

Stimare il crollo delle temperature.

Non è possibile stimare il crollo in modo esatto senza conoscere il comportamento di ogni singolo contenitore, misurarlo e annotarselo per uso futuro, ma è possibile usare delle regole generali. Una regola famosa dice che una tazza di acqua calda perde 10 gradi a ogni travaso. Non è esatto, ma è una stima ragionevole. Vediamolo assieme usando le mie attrezzature.

Prima di tutto ragioniamo che un contenitore assorbirà più o meno calore in base alla sua massa, alla superficie di scambio e ai materiali di cui è composto. E ovviamente più acqua calda viene messa e meglio potrà tenere alta la propria temperatura, visto che l’acqua giunta dopo scalda l’acqua di prima. Per questo le micro tazzine da gong fu cha cinese da 30-40 ml permettono di avere un tè subito bevibile appena versato, mentre una tazza da 280 ml avrà un tè caldissimo su cui soffiare a lungo.

Tutti i valori sono stati registrati in una stanza a 20 gradi, usando attrezzature a temperatura ambiente. Nel primo test acqua bollente è stata versata in quattro tazze, secondo la loro capienza d’uso massima confortevole (1 cm di acqua dal bordo).

Le tazze che uso di solito: quella di Agenzia Duca e quella coi coniglietti le uso quasi sempre; quella con le rose è per quando mi sento allegro (o se passa Gamberetta per un tè e non usiamo il servizio pregiato); e quella in vetro trasparente è per una migliore analisi del tè (colore incluso).
  • Agenzia Duca (peso 335 grammi, 280 ml usati): 88 °C
  • Conigli (peso 315 grammi, 260 ml usati): 86 °C
  • Rose (peso 230 grammi, 280 ml usati): 86-87 °C
  • Vetro (peso 140 grammi, 280 ml usati): 92-93 °C

Prendiamo ora la tazza coi conigli, che nonostante la massa e la capienza leggermente inferiore ha dimostrato una tenuta quasi uguale a quella molto più leggera con le rose. Qual è la velocità di raffreddamento dell’acqua? Quanto impiegherà a raggiungere gli 80 gradi o i 70 gradi?
Ecco la temperatura minuto per minuto, dal primo al nono: 82, 80, 78, 77, 75, 74, 72, 71, 70. Crollo veloce all’inizio, 8 gradi in 2 minuti (pronta per il tè verde). Passati i 75 gradi la discesa si riduce a circa 1 grado al minuto.

Ora ragioniamo di pre-riscaldamento.
La tazza Agenzia Duca ha l’acqua del pre-riscaldamento che crolla a 88 gradi, se si mette a bollire acqua nuova subito e si svuota la tazza pochi secondi prima di versare l’acqua nuova, il risultato sarà di 95-96 gradi. La tazza di vetro da 92-93 gradi passa anche lei a 95 gradi. La teiera in vetro borosilicato da due tazze pre-riscaldata in primavera, con circa 24 gradi in casa, arriva a 95 gradi (98 con l’acqua dell’infusione) e ora con 20 gradi fa prima 93 e poi 96-97 gradi.

La mia teiera giapponese col manico, la kyusu, con 300 ml d’acqua ha 86 gradi durante il riscaldamento e 91 con l’acqua bollente nuova dopo il riscaldamento. Visto che la uso solo con i tè giapponesi, non è che mi serva granché pre-riscaldarla. Come ottenere subito 75 gradi? Facile. Teiera fredda, verso i 300 ml in due tazze (Agenzia Duca e conigli) ottenendo due mezze tazze a 82 gradi, poi verso il tutto nella teiera e ho 76 gradi. Se aspetto 4 minuti arrivo a 70 gradi.

E se invece travaso l’acqua usando un solo contenitore alla volta? Prendiamo 260 ml d’acqua a temperatura massima, la verso nella tazza coi conigli e ottengo 86 gradi. La verso subito in Agenzia Duca e ottengo 77 gradi. Un passaggio tra le rose e siamo a 72 gradi (28 gradi persi in tre passaggi). Verso nella kyusu, fredda, e ho 65 gradi. Pronta per un pregiato Gyokuro.

La mia kyusu, dedicata ai tè giapponesi.

Per quanto tempo?

Come sempre dipende da tè a tè, ma ci sono delle regole generali. Per esempio sappiamo che i tè neri e i tè verdi hanno tannini amari, sgradevoli, che dopo un certo tempo saranno usciti fuori in quantità eccessiva dando un sapore amaro al liquore (il tè liquido si chiama liquore). Con i tè neri di solito diventano fastidiosi dopo i 5 minuti, con i verdi dopo 4-5 minuti. Più è alta la temperatura, meglio si estraggono i tannini amarognoli.

I bianchi hanno un sapore delicatissimo e non hanno preoccupazioni verso i tannini, anche perché la bassa temperatura non favorisce l’estrazione dei sapori amari. Sui tè bianchi ci sono due correnti di pensiero principali: chi fa infusioni brevissime anche col metodo occidentale, 2-3 minuti, che però non sanno di niente… e chi dice “Ehi, ma se il tempo NON è un problema, perché non ci diamo dentro e lo facciamo saporito?” e vanno sui 5-7 minuti. Io sono di quest’ultima corrente, come lo è anche il libro (bellissimo) che citerò in fondo all’articolo, mentre il negozio Teaway.it è della prima corrente (e potete trovare parecchi commenti di clienti che consigliano tempi molto superiori).

Ecco i miei consigli di tempo per la prima infusione, ma ricordatevi che ogni tè è un caso a parte e di dare retta, almeno la prima volta, alle indicazioni del venditore:

  • Nero: 3-5 minuti
  • Darjeeling First Flush: 2-3 minuti
  • Verde: 2-4 minuti
  • Bianco: 5-7 minuti
  • Oolong: 5 minuti
  • Gialli: 4-5 minuti
  • Pu’er: 5 minuti

Nel caso dei tè neri Darjeeling meglio stare sui 3 minuti. Idem con i Ceylon più delicati, soprattutto se foglie molto piccole o polvere (più è piccola la pezzatura e più rapido è il rilascio di sostanze). Io di solito faccio 4 minuti con gli altri neri, a meno che il produttore non consigli di meno. Con i neri non arrivo mai a 5 minuti, non mi piace diventino così aspri o esca l’amarognolo. Sui verdi sto a 3 minuti fisso quasi con tutti. Bianchi 7 minuti.

Come sempre si tratta di trovare il proprio gusto. C’è chi ama Assam fortissimi, violenti, da ammaestrare poi con una nuvola di latte e magari sceglie 5 minuti e chi invece cerca il maltato dell’Assam in versione addomesticata da bere al naturale, con soli 3 minuti.

Se il tè indica di aver bisogno del lavaggio, procedete così: versate l’acqua per riscaldare la teiera sul tè e lasciatelo in infusione 5 secondi. Togliere il tè estraendo l’infusore e lasciate l’acqua a mantenere calda la teiera, come al solito. Perché alcuni pu’er e oolong appallottolati vanno lavati? Non è per motivi di igiene, una passaggio così breve non lava granché: il lavaggio serve a togliere alcuni sentori sgradevoli iniziali e ad aiutare le foglie ad aprirsi meglio fin dalla prima infusione, per rilasciare il proprio sapore nel modo migliore.

Ah, visto che siamo in argomento: un nuvola di latte nei tè neri idonei a gestirla è ok, è nello stile europeo sotto cui quei tè sono nati e per cui sono progettati. Lo zucchero invece non è una buona idea: un tempo, nel Settecento, si usava per mascherare il sapore del tè di scarsa qualità (che era poi il più diffuso anche tra i ricchi), ma ormai i tè sono buoni… stravolgerne il sapore non ha molto senso. Giusto i muratori (il cosiddetto Builder’s Tea) mettono latte e zucchero.

Sul limone spremuto dentro… sul serio, volete ammazzare il tè cancellandone il sapore reale? Una barbarie tutta italiana, legata al dovere cancellare il saporaccio dei pessimi tè in vendita da noi. Al massimo una fettina di limone, non spremuta, può galleggiare in un tè già agrumato di suo come un Ceylon al naturale o un Earl Grey aromatizzato al bergamotto.

Latte e zucchero per dare l’energia necessaria a demolire i campi rom con la verde ruspa della giustizia.

Infusioni successive.

Perché sì, il tè non va buttato dopo la prima infusione, si può rifare. In diversi casi si deve rifare, perché il meglio arriva dopo. E poi si risparmiano un sacco di soldi e questo è bene perché non è sempre caviale a nessuno escono dalle chiappe, no? L’importante è buttare le foglie entro 12-24 ore, perché poi pare che sviluppino troppi batteri (non sono un biologo o simili, non so dire se è vero).

Con i tè neri la seconda infusione è per forza più debole, anche per la mancanza di tannini (che davano corpo in bocca, voluminosità al liquido), per cui puoi valutare di usare la metà dell’acqua: prima fai 0,6 litri con 6 grammi, poi con quelle foglie fai solo 0,3 litri. Verrà ottimo così (io di solito non riduco l’acqua e mi piace lo stesso, anche se è più delicato, oppure ci aggiungo una bustina di foglie di menta o di melissa e faccio un infuso misto).

Come calcolare il tempo delle infusioni successive? Fai così, con questo metodo facile che uso io. Non sarà perfetto, ma è buono e lo uso ormai da quasi un annetto: aggiungi 2 minuti al tempo di infusione a meno che non sia l’ultima infusione, se è l’ultima (sai che le foglie non possono dare di più) vai “a volontà”. Lasciale dentro e bene così, calcolando comunque di non consumare il tè prima di 4-5 minuti dopo l’ultimo tempo di infusione usato.

Le foglie bagnate, se ormai si sono raffreddate, avranno dentro dell’acqua a temperatura ambiente che ridurrà la temperatura a cui si svolgerà l’infusione successiva: valuta se farla con 2-4 gradi al massimo in più prima di aggiungere le foglie.

Quante infusioni fare? Ecco i miei consigli:

  • Nero: 2 infusioni.
  • Verde: 3 infusioni.
  • Pu’er: 3 infusioni.
  • Giallo: 3 infusioni.
  • Bianco: 3-4 infusioni.
  • Oolong: 4-5 infusioni.

Valuta comunque se ti sembra che ci sia ancora sapore da estrarre. Da un tè di pregio maggiore, magari con foglie più grandi, è facile tirare fuori infusioni in più. Da uno di pregio minore, di meno. Un oolong Dea di Ferro della Misericordia scadente, economico, magari fa solo 3 infusioni buone e dopo sono deboli, uno normale farà 4 infusioni buone e poi 2-3 deboli ma bevibili, mentre uno di altissima qualità ne farà 5 ottime e poi 2-3 buone ma deboline. Devi imparare a conoscere i tuoi tè, ognuno di loro, in base al tuo gusto, ti farà sapere quando fermarti.

Calcolando i tempi col mio metodo un sencha giapponese farebbe la prima infusione a 3 minuti, la seconda a 5 minuti e non berrei la terza prima di 9-10 minuti. Un sencha di altissima qualità però potrebbe fare una terza a 7 minuti e una quarta, finale, a 11-12 minuti (con foglie lasciate a oltranza).

“Tè. Earl Grey. Caldo.”
La monotonia di Picard.

E per ultime le foglie.

Quante usarne? Certi venditori forniscono dosi molto diverse di tè in tè, in alcuni casi impossibili da rispettare a meno di non usare l’infusione alla cinese (gong fu cha, la vedremo in futuro), tipo 20-25 grammi per litro. Altri danno indicazioni senza granché senso come “un cucchiaino e mezzo per tazza”… cucchiaini che possono caricare in base al tè e alla pescata da 1 a 2 grammi, da usare in tazze che possono agevolmente spaziare da 150 ml a 300 ml. Sul serio, dai… facciamo le cose con un pochino più di precisione, se vogliamo che il tè sia un piacere e non una roulette russa dei risultati.

Io mi trovo bene con 1-1,2 grammi per ogni 100 ml di acqua posta in infusione. Regola facile: quando uso la mia teiera preferita la carico con 0,6 litri precisi o poco meno e uso 6-6,5 grammi di foglie (minimo 6 grammi: di solito si sfora di poco sopra, tipo 6,1 o 6,2). Quando uso le tazze da 250-280 ml metto 3 grammi di foglie. Vedremo poi, in futuro, come regolarsi con l’infusione concentrata alla russa, con il gong fu cha cinese e con il senchado giapponese. Qui siamo rimasti sul semplice: infusione occidentale con poche foglie, tanta acqua e tanto tempo.

EDIT Novembre 2019: Nell’ultimo anno mi sono orientato su quantità di foglie maggiori e sapori più intensi, soprattutto con i tè di pregio minore, e tendenzialmente oggi faccio almeno 7 grammi per 600 ml o più spesso arrivo a toccare gli 8 grammi. Dipende da tè a tè se fare 6,5 grammi o arrivare a 7 o 7,5 oppure 8. Come per le infusioni successive, sta a voi conoscere il tè e i vostri gusti: attenti a non eccedere con le dosi per non “danneggiare” il profilo aromatico del tè, per cui al primo tentativo magari rimane sui 1-1,2 grammi per 100 ml e poi sperimentate al rialzo.

Se avete bisogno di un filtro/infusore per le foglie, da usare anche nelle singole tazze, vi consiglio molto i modelli in nylon (non passa niente, solo qualche granello dei fanning più sottili) come il Fackelmann. Io ne ho tre, costa solo 7,99 euro e fa il suo lavoro molto bene. Evitate infusori a corpo pieno con grossi buchi, robaccia inadatta se non a foglie giganti e per alcune tisane.

Qual è il metodo migliore per misurare il tè? Usare un bilancino da spacciatore sensibile ai centesimi di grammo, per quando vorrete realizzare i vostri blend ideali. Ci poggi sopra il filtro estraibili, premi “tara” per azzerarlo e poi inizi a caricare le foglie. Inizialmente ne usavo uno sensibile ai decimi di grammo (che si è rotto dopo 8 mesi di onorato servizio), ma coi blend realizzati per una singola tazza non era l’ideale. Potete trovare i bilancini a pochi euro, spedizione inclusa entro i 10 euro. Questa è proprio quella che uso io.

Una tabella utilissima che ho trovato in un libro fantastico, Tea: History, Terroirs, Varieties, è allegata qui sotto. Quando siete in dubbio seguitela, le indicazioni sono quasi identiche a quelle che avete letto nel mio articolo. Alcuni tempi sono un po’ diversi: io suggerisco un minuto extra per i neri e uno in meno per i verdi. La uso come guida quando le indicazioni dei venditori mi lasciano perplesso e la sto facendo girare tra le amiche appassionate di tè.

E ora che sapete come fare al meglio il vostro tè non avete più scuse per tracannare Assam dal sapore  appiattito o Gunpowder divenuto aspro. E rabbrividirete di fronte a quelli che riescono a tramutare un bel Ceylon Orange Pekoe in un tè amarissimo: “quanto poco tè c’è in lui”, direbbe Okakuro Kakuzo di chi è così insensibile col tè da maltrattarlo in tal modo. 😉

Il Duca di Baionette

Dal 2006 mi occupo in modo costante di narrativa fantastica e tecniche di scrittura. Nel 2007 ho fondato Baionette Librarie e nel gennaio 2012 ho avviato AgenziaDuca.it per trovare bravi autori e aiutarli a migliorare con corsi di scrittura mirati. Dal 2014 sono ideatore e direttore editoriale della collana di narrativa fantastica Vaporteppa.

View Comments

  • La Guizza è sempre stata la mia acqua in bottiglia favorita, proprio da bere come acqua. A quanto pare c'era una ragione.
    Ah, bellissimo post in complesso. Se e quando le mie finanze me lo permetteranno, applicherò con piacere questi principi.

  • È venuto un po' lungo, ma ci tenevo a mettere tutte le cose di base in un posto solo. ^^ Tanto poi i concetti più utili verranno ripetuti in futuro quando necessario in altri articoli (come evitare che il tè sia amaro, il lavaggio, le infusioni successive ecc.).

  • Ottimo articolo.
    Per le miscele sono abbastanza a posto giacché ho trovato un paio di negozi adeguati.
    Le bustine del supermercato? Bleach! Sanno di bustina e per niente di tè.
    Ho usato una volta sola tè in bustine, ma erano di mussola. Una roba costosissima da "sboroni delle infusioni". ;)
    Anche con l'acqua sono a posto. Quella della mia città è sorgiva ed è abbastanza buona e conosco persino una fonte segreta (sic), ottima e gratis.
    Sono però fortemente carente di accessori, perciò credo che butterò un po' di ciarpame per acquistare strumenti più appropriati.
    Volevo acquistare anche un termometro anche per fare l'arrosto. Mi hanno detto che è indispensabile.
    Sarà adatto lo stesso termometro per entrambi gli usi? (ovviamente si intente opportunamente deterso tra un uso e l'altro).
    PS:
    Le palline piccine per le infusioni sono pessime, concordo, ma alcune sono così carine! *_*

  • Grazie per l'apprezzamento! Presto arriveranno nuovi articoli sul tè.
    In casa non ho termometri per arrosti o per dolci. Se ne prendessi uno (l'idea di titilla da un po'), lo prenderei col display che si può appendere distante dal cibo e la lunga sonda da inserire, così la lettura è più agevole. Credo.
    A proposito: dovrei smetterla di fare combinazioni diverse di hamburger e tornare a fare dolci... una bella tea cake con le prugne secche e tanta uvetta, per dire... ^__^
    Per le bustine dipende dal tè. I tè Mlesna hanno bustine valide, quadrate larghe che permettono abbondante espansione, e non ho notato differenze tra i prodotti in bustina e quelli comprati sfusi da loro: loolecondera, english breakfast o alcuni aromatizzati alla frutta (a me piace molto la mela).
    Volendo comunque si può anche aprire la bustina e versare dentro un infusore più ampio, come mi consigliò in passato Nicoletta Tul (delle cui attività nel campo del tè parleremo in futuro). ^_^

  • Duca, nell'articolo citi le temperature necessarie per i vari tipi di te, presi singolarmente... ma nel caso di miscele "miste" (verde+nero, verde+bianco, pu'ar+giallo, eccetera) come ci si regola?

  • Con le miscele di tè con diverse temperature è un problema. Per esempio il "rosa d'inverno" che prendevo in erboristeria era nero + verde + petali di girasole + boccioli di rosa + aromatizzazione di pesca.
    Un verde da 80 gradi più un nero e i fiori che richiedono temperatura massima. Facendo tutto a temperatura massima lo trovavo un po' amaro, di sottofondo. Forse l'ideale in quei casi è una temperatura di compromesso: 90 gradi (come un Ceylon delicato).
    Quando la miscela ha una propria indicazioni segui quella, altrimenti io sperimenterei partendo dalla temperatura intermedia e correggendo verso l'alto se ha poco sapore e verso il basso se è amaro. Se la combinazione era pessima, ovvero dei tè che non possono stare assieme, ti troverai bloccato che sarà per forza o amaro o insipido perché non potrai averlo saporito senza averlo amaro (temperatura troppo alta) o averlo dolce senza averlo insipido (temperatura troppo bassa).

  • Ottima guida, davvero utile e divertente da leggere.sono riuscito a far sprigionare un bel colore e odore al mio Royal british blend, applicando solo alcuni dei consigli. Bravo Duca

  • @Dario
    Grazie! Sto raccogliendo un po' di dubbi comuni (e un mio piccolo trucco per risparmiare acqua, tempo e corrente con due tè diversi e due tazze) per un articoletto di aggiunte spicciole extra. :-)

  • articolo molto interessante, l'ho letto con attenzione anche se ammetto di essere una persona da tè in bustina con limone, molto zucchero e biscotti (in genere i ritornelli mulino bianco).
    farò più attenzione all'acqua, alla bollitura e al tempo di infusione d'ora in poi, magari a piccoli passi potrò essere recuperato alla società. :D

  • @Zave
    Vedrai che è possibile bere tè molto buoni spendendo poco. In futuro un articolo su come bere tè in foglia di tanti tipi diversi, per avere diciamo un tè diverso ogni giorno della settimana, con una cifra molto contenuta. Ho già costruito il mio set di tè da consigliare.
    Ti dimenticherai le bustine di tè cattivi da nascondere col limone (a parte a colazione coi biscotti, magari) quando vedrai cosa si può ottenere con foglie buone. ;-)

Recent Posts

Ti interessano la scrittura creativa e i film?

Sul mio blog Baionette Librarie puoi trovare articoli di scrittura creativa, analisi di storie, discussioni…

6 anni ago

La Birra Doppio Malto non esiste

Ti è mai capitato di entrare in un locale in cui non sei mai stato…

6 anni ago

Unboxing alla baionetta!

Questa volta il video non ripropone l'articolo, ma ne costituisce la prima metà e la…

8 anni ago

Masala Chai: il tè speziato dell’India

Chai, Masala Chai, Chai latte, tè speziato: ci sono tanti modi con cui potresti aver…

8 anni ago

Quaresima, tempo di birre robuste!

Quaresima, tempo di birre forti e corpose. Non l'avreste detto? Tutto cominciò nel XVII secolo,…

8 anni ago

Birre "artigianali": ha senso chiamarle così?

Due parole di premessa: se frequentate un pochino il mondo delle birre, anche solo come…

8 anni ago