Chai, Masala Chai, Chai latte, tè speziato: ci sono tanti modi con cui potresti aver conosciuto questo particolare modo di preparare il tè, ma che cos’è? Chai significa “tè” e masala indica un “misto di spezie”, e come dice il nome Masala Chai è un tè arricchito con spezie. Ma questa è solo la punta dell’iceberg.
Prima però un po’ di storia.
Gli inglesi a lungo tentarono di togliere alla Cina il primato nella produzione del tè, per svincolarsi dall’obbligo di comprarlo solo da loro. Tratteremo in futuro la storia di Robert Fortune e di come rubò il segreto del tè alla Cina a metà Ottocento, per ora accontentiamoci del risultato: alla fine gli inglesi riuscirono a scoprire come si lavorava il tè, che pianta era, come si coltivava e tutto il resto, e iniziarono a coltivarlo in India e nell’isola di Ceylon, l’attuale Sri Lanka.
Sfortunatamente il tè nella forma di Camellia sinensis sinensis, il classico pregiato tè di origine cinese, si può sviluppare solo in certe condizioni, inclusa la temperatura, che si abbinano a certe quote. Lo stesso problema del caffè: se vuoi il caffè buono (Coffea arabica) devi coltivare in alto, se ti accontenti di un caffè mediocre o cattivo (Coffea robusta) puoi coltivare in moltissimi altri posti più in basso. Ne avevamo parlato in un mio articolo di inizio 2016.
Quando gli inglesi cominciarono a coltivare il tè in India, dopo la prima missione di Robert Fortune negli anni 1840, scelsero proprio il Darjeeling (nel Bengala occidentale) come luogo ideale per imitare altitudine e clima delle aree di produzione cinesi. In particolare le temperature, che non devono essere mai troppo fredde né troppo calde. Grossomodo tra i 10 e i 30 gradi. Da quell’area viene il tè Darjeeling, considerato ancora oggi dagli occidentali uno dei più pregiati, con i suoi profumi di muschiato, di uva, con note floreali e di miele, un tè delicato ed elegante.
Ma l’India è grande: come fare a coltivare più tè?
Qui arriva la Camellia sinensis assamica, un tipo di tè che gli inglesi a lungo faticarono a riconoscere come tè anche perché le popolazioni locali nell’Assam, uno degli stati dell’India, anche se lo usavano non parevano apprezzarlo quanto i cinesi. Il tè faceva parte delle diverse piante impiegate per fare infusi o decotti nella medicina ayurvedica, non era una bevanda di piacere. Un tè dal sapore grezzo, di bassa qualità in confronto a quello cinese, e che i locali si limitavano a cogliere selvatico invece di coltivare appositamente.
Ci testimonia la cosa l’esploratore olandese Jan Huygen van Linschoten che a fine ‘500 scrisse nel suo diario a riguardo:
gli indiani mangiano le foglie come se fossero una verdura, condite con aglio e olio, o le bollono per farne infusi
Negli anni 1820 un avventuriero scozzese, Robert Bruce, si interessò a questa pianta, si fece dare alcuni semi e foglie per analizzarle, e arrivò alla conclusione che potesse trattarsi di tè. Da qui iniziò il secondo filone dell’avventura del tè in India: la produzione dell’Assam, un tè un po’ grezzo, di sapore maltato, legato al clima tropicale e alle alte temperature.
Il mercato inglese però apprezzava poco questo tè, che col tempo divenne parte fondamentale (e talvolta unica) di una buona miscela robusta, ricca di caffeina, di English Breakfast. Era poco apprezzato proprio per la minore qualità rispetto ai tè cinesi oppure ai tè del Darjeeling o di Ceylon (quest’ultimo apparve solo dopo il 1870), però in Assam se ne poteva produrre molto e costava meno degli altri. Col tempo la qualità dei tè Assam è salita e al giorno d’oggi se ne trovano di davvero molto, molto buoni, seppure molto lontani dai livelli (e dai prezzi), dei migliori tè cinesi.
Un buon tè Assam, dal gusto forte, maltato, talvolta speziato e con note di crosta di pane, di cereali, per tanti appassionati è il tè insostituibile per la colazione, da solo o miscelato come English Breakfast con tè africani, per dare un colore più brillante, o di Ceylon, per una nota agrumata. A me piace, ma ne parleremo in futuro meglio.
E se lo facessimo bere agli indiani?
Gli inglesi erano abituati a diffondere droghe, basti pensare a come crearono la dipendenza cinese di massa dall’oppio per ribaltare la bilancia commerciale degli scambi a proprio favore dopo decenni di passivi. E questo causò due guerre tra 1839 e 1860 per difendere il sacro diritto inglese al narcotraffico. Perché non provare a far appassionare gli indiani alla caffeina (1,3,7-trimetilxantina), uno stupefacente stimolante affine ad altri alcaloidi come cocaina e morfina?
Arriviamo così ai primi anni del ‘900 e gli inglesi vogliono introdurre il tè tra gli indiani, avendo già visto che sono abituati a bere molte tisane diverse. L’Indian Tea Association, di proprietà britannica, iniziò a fare pressioni su fabbriche e miniere per garantire ai lavoratori delle pause per il tè, in più iniziò a supportare maggiormente i piccoli venditori ambulanti di tè rifornendoli tramite le ferrovie.
Si mise al lavoro anche la Brooke Bond, che dal 1903 aveva lanciato il suo tè Red Label per il mercato indiano (un prodotto di enorme successo, a lungo il tè più consumato in India, praticamente a livello di monopolio negli anni ’70). Quest’azienda nel 1907 mise in piedi una flotta di carretti con lo scopo di diffondere il consumo del tè e insegnare agli indiani a berlo nel modo inglese, con una nuvola di latte e un po’ di zucchero.
Gli indiani apprezzarono la cosa, ma a modo loro. In India le spezie non costavano niente, e perfino il tè prodotto localmente al confronto era costoso. I venditori di tè (Chai Wallah) per rendere più gustosa la bevanda usando meno tè, alzarono di molto il latte e lo zucchero e aggiunsero spezie. Tipicamente cardamomo, zenzero, pepe, noce moscata, chiodi di garofano, cannella, ma si possono trovare anche anice stellato, foglie di alloro e semi di finocchio. E invece di fare un infuso, realizzavano un decotto bollendo tè e spezie nel latte di bufala allungato con acqua! Senza dimenticarsi una dose di zucchero esagerata.
Curiosamente anche i giapponesi arrivarono a un ragionamento simile quando nelle famiglie iniziò a diffondersi il genmaicha, ovvero il tè bancha o sencha (costosi) tagliati con l’aggiunta di riso tostato (molto economico). Un tè molto buono, nonostante l’origine povera, ma sono tanti i piatti poveri della tradizione ottimi. Anche il gianduia, rimbalzando dall’India al Giappone fino al Piemonte, è nato per la mancanza di cacao, adulterato così con le nocciole…
Quali sono gli ingredienti del Masala Chai?
Prima di tutto serve il tè, come detto l’ideale per rispettare la tradizione è un tè nero Assam, ma di quale livello qualitativo? Di solito il Masala Chai impiega un Assam di basso livello, lavorato secondo il metodo CTC impiegato per i tè di scarso pregio destinati al consumo in bustine per il mercato di massa.
Il metodo CTC significa Crush-Tear-Curl, ovvero Schiaccia-Strappa-Arrotola, ed è un sistema veloce di lavorazione delle foglie di tè passandole attraverso dei rulli cilindrici con centinaia di denti affilati che fanno a pezzi le foglie, spesso di pezzatura piccola e disomogenea, per ricavarne tante palline molto piccole. Il metodo è stato inventato nel 1930 e si è rapidamente diffuso in India e Africa negli anni 1950-1970.
Il tè risultante ha un sapore omogeneo e standardizzato, da classico tè nero, perdendo così diverse caratteristiche che uscirebbero fuori facendo l’infusione con le foglie intere. In compenso foglie così rotte impiegano meno a rilasciare tutto il loro sapore nell’infusione, producendo così un liquore di gusto forte e mediamente amaro. Grazie al costo molto basso, i tè CTC si sono rapidamente diffusi nel sud-est asiatico e per il solo consumo domestico indiano oltre l’80% del tè prodotto è di questo tipo.
Con i CTC il rischio di adulterazione unendo tè peggiori a quelli miglior è forte, perché dall’aspetto non si nota la differenza, ma i CTC buoni meritano comunque: Yorkshire Tea oppure l’Assam sfuso (per il mercato inglesi) di Twinings si presentano in questo formato e io li bevo sempre volentieri. L’English Breakfast di Twinings invece è un broken di pezzatura piccola, ma non so dire che differenze vi siano per la degustazione tra un broken molto piccolo non appallottolato o un CTC appallottolato.
Riguardo le spezie, non esiste una formula fissa e ogni Chai Wallah, come ogni casalinga indiana più tradizionalista, sviluppa la propria ricetta preferita. Non esiste un Masala Chai veramente tipico, una formula perfetta, ma generalmente si può ragionare così:
- il cardamomo è l’aroma più caratteristico, quello che di norma non manca mai;
- il chiodo di garofano di norma è il secondo aroma caratteristico;
- a questo punto, soprattutto se è inverno (pensando al consumo occidentale), serve anche qualcosa che scaldi: pepe nero o zenzero, magari entrambi;
- molto comune, perché ben si sposa con la dolcezza di zucchero e latte di bufala intero, è l’uso della cannella dello Sri Lanka, la vecchia Ceylon di epoca imperiale (Cinnamomum verum, da non confondere con la meno gradevole cannella cinese, Cinnamomum cassia, molto diffusa ormai in occidente perché molto economica);
- comune è anche l’uso della noce moscata;
- se si vogliono fare altre aggiunte come cumino, liquirizia, foglie di alloro o semi di finocchio, si va su ricette meno “base” e in particolare bisogna stare attenti a non eccedere se si decide di aggiungere anice oppure anice stellato, perché potrebbe sovrastare i sentori delle altre spezie.
Quindi scegli il mix di spezie che preferisci senza preoccuparti troppo. Lo stesso discorso vale per il tè usato: Assam di qualità bassa oppure Assam eccellenti, in purezza o uniti con altri tè neri, dipende tutto dal tuo gusto. Io preferisco usare Assam un po’ grezzi e cafoni, più aspri e aggressivi, per il Masala Chai.
Se preferisci il tè verde puoi addirittura fare una cosa che non è il Masala Chai ma ci assomiglia: il Kahwah della tradizione Afgana, diffusa anche nel nord del Pakistan e in Kashmir. In questa preparazione si usa tè verde (immagino che il Gunpowder cinese, molto diffuso nel mondo africano e arabo, vada benissimo) e lo si unisce a cannella e cardamomo verde, con opzionalmente pezzetti di mandorla, chiodi di garofano o petali di rosa. Si serve addolcito con zucchero o miele (senza latte), e accompagnato da mandorle o noci sgusciate.
Torniamo al Masala Chai: in che dosi lo usiamo? Dipende da quanto volete forte il mix. Una buona regola è di usare metà tè nero e metà spezie oppure due terzi e un terzo. Oppure comprare dei Masala Chai già pronti. Ce ne sono tanti buoni o anche ottimi, pensati per usarli con l’infusione occidentale.
Io di norma mi regolo così: se di solito uso 7,2-7,5 grammi di foglie di tè per 600-650 ml, alzo a 8,5-9 grammi se si tratta di Masala Chai per compensare un po’ la minore presenza di tè e perché mi piace un bel sapore forte. Se assemblo io un Masala Chai, di solito peso una dose “scarsa” di tè nero (6 grammi per 600 ml) e aggiungo un 50% in più di mix di spezie (si trovano già pronti in vendita, senza tè), arrivando così a 9 grammi per la mia teiera solita da 600-650 ml.
Già, perché dopo gli ingredienti arriva la preparazione. E se volete fare le cose nel modo tradizionale, in stile indiano, vorrete avere le spezie separate dal tè. È facile trovare online ricette che spiegano come fare il Masala Chai, e io vi presento questa (con le mie dosi in grammi di tè e spezie). Le dosi sono per una tazza finale da 250 ml:
- 120 ml di acqua adatta al tè (non troppo calcarea);
- 250 ml di latte intero (è meglio se è intero, e l’ideale sarebbe di bufala: la cosa più importante è che sia fresco, che non sia UHT, perché scaldandosi darebbe un sapore cattivo);
- 3 grammi di tè Assam di vostra scelta;
- 1,5 grammi di chiodo di garofano, cannella e cardamomo mischiati, meglio se frantumati nel mortaio (io aggiungo anche pepe nero);
- 20 grammi circa di zucchero
Se non avete voglia di usare il bilancino da tè che pesa i decimi o i centesimi di grammo (a pochi euro su eBay), potete usare un cucchiaino bello colmo per il tè e uno scarso per le spezie. Lo zucchero è un cucchiaio, che di solito significa dai 16 ai 22 grammi. Il mio cucchiaio bello pieno tipico è 21 grammi.
Procedura:
- mettere l’acqua sul fuoco, con le spezie, e quando inizia a bollire aspettare un minuto;
- aggiungere il tè Assam e continuare a far bollire per un altro minuto;
- aggiungere il latte e lo zucchero e appena riprende a bollire abbassare la fiamma e lasciar sobbollire per almeno un altro minuto o due;
- nel frattempo correggere con altro tè (se il colore è troppo pallido) o con latte (se troppo scuro), a seconda del colore del liquore: alla fine deve essere abbastanza scuro (vedi foto precedenti) e molto dolce;
- filtrare con un colino a trama fitta direttamente sulla tazza (o nella teiera per dosi maggiori).
Alternativa all’occidentale, ovvero fare un infuso invece del decotto. Qui si va sul semplice. Mettete assieme tè e spezie nelle dosi spiegate prima, fate un normalissimo infuso con temperatura massima (acqua bollente e tazza o teiera riscaldata subito prima con altra, abbondante, acqua bollente) per 3-5 minuti in base al vostro gusto. Aggiungere a piacere latte e zucchero dopo l’infusione.
Io di norma faccio 4 minuti, con un po’ di latte e senza zucchero per via della dieta (ma i giorni in cui posso, due cucchiaini per tazza li metto volentieri). Facilissimo.
Alcuni Masala Chai che ho provato.
Scusate se sono appunti molto stringati e non professionali, ma non sono un sommelier del tè professionista e preferisco essere conciso per non annoiare troppo.
Aggiungo un voto della mia scala di voti personale: è una scala idealmente da 1 a 10, ma sia i voti molto bassi che quelli altissimi sono rari perché è una scala di gusto assoluta. Il 8,5-9 è una entrecote marezzata che ha ben caramellato in cottura, accompagnata boccone dopo boccone con una bella birra Doppelbock corposa, o un brasato venuto al meglio e con un bel vino assieme. Per il 10 lascio alla vostra immaginazione. Il numerino serve solo a ricordarmi quanto qualcosa mi è piaciuto in assoluto. ^_^
Fortnum & Mason Chai.
Note balsamiche di anice stellato nei profumi. La cannella è presente ma non dominante. Il corpo del tè nero si sente. Prodotto ottimo. L’aggiunta di anice non mi fa impazzire per cui lo valuto leggermente meno. Nella mia scala personale che uso per gli appunti è un 7,5+.
Twinings Bollywood Chai Latte.
Venduto in bustine triangolari. Profumo buonissimo di mandorle, molto dolce. Fatto con 1/2 tazza d’acqua in cui fa l’infusione per 4 minuti e poi ho aggiunto mezza tazza di latte caldo. La busta consigliava 1/3 e 2/3, ma già così mi pare che il latte lo copra un pochino troppo. Molto buono, e con lo zucchero diventa buonissimo. Voto 8, che nella mia scala è praticamente il massimo per un tè o infuso.
Hathi Masala Chai del Nepal.
Un bel Masala Chai classico. Saporito, leggermene piccante, ricco. Ne ho fatte fuori due confezioni da 100 grammi in poco tempo. Io l’avevo preso su eBay.it ma ora non lo trovo disponibile. Voto: 7++
Natco, Masala Chai.
Sapore classico di Masala Chai, piuttosto ricco, corposo senza essere aspro, e con una bella nota piccante di pepe che non si spegne nemmeno con latte e zucchero. Con tre bustine (9 grammi) viene in 4 minuti un’ottima teiera da 600 ml. Per una seconda infusione utilizzo di nuovo le tre bustine strizzate e aggiungo una bustina nuova, e faccio infusione almeno 7 minuti (a volontà, anche lascia e scorda). Voto: 7+
Wagh Bakri, Masala Tea.
Palline di Assam aromatizzate. Non si vedono spezie a pezzi. Pepe troppo forte, scavalca ogni altro sentore riducendoli a sfondo. Piccante. Tè di struttura debole. Un prodotto di scarso livello pensato per i supermercati delle città indiane. Non è cattivo, ma è a malapena passabile. Preso su eBay, 250 grammi a pochi euro… buttato tutto dopo un paio di tazze (e io di norma non butto MAI il tè) visto che ho di molto meglio da bere e occupava spazio nelle scatole. Voto, generoso: 6.
La mia ricetta, la “Tazza del Negro” V2.
2/3 di Assam Oaklands SF TGFOP, bello saporito e maltato, oppure un Ramanugger GFBOP di pezzatura minore, anche lui bello vigoroso. Evitare i prodotti dei giardini di maggiore qualità, troppo delicati, come Banaspaty (grado FF FTGFOP1) o Hattialli (grado SF FTGFOP1). Aggiungere 1/3 infusione di spezie di AltroMercato (cannella, zenzero, cardamomo, chiodi di garofano, pepe). Molto buono, il corpo dato dal tè c’è, e c’è anche la potenza del tè. Voto: 8.
In futuro parleremo anche delle indicazioni di qualità del tè occidentali usate per i tè indiani e africani (TGFOP, GFBOP, OP ecc.) e dei diversi tè dei giardini dell’Assam che ho provato.
Buon Masala Chai a tutti!
Il kahwah afghano sembra davvero niente male, grazie per averne parlato.
A proposito di tè:
DUCA,
il popolo del tè attende da oltre un anno che la promessa da te fatta si compia.
http://www.steamfantasy.it/blog/2016/01/10/bere-te-buono-spendendo-poco-e-fare-ciao-ciao-al-caffe/
DUCA,
fa che la nostra attesa non sia vana.
Potrei farci un breve articolo con annesso video, dedicato solo alla differenza tra assumere caffeina col caffè e assumerla col tè. Mi pare che una grossa fetta delle informazioni fossero in un libro solo.
Sarebbe carino anche trattare, seppur brevemente, i pro e i contro del consumo di foglie di té come alimento.
Seguendo l’esempio degli indiani di cui sopra, ho provato ad impiegarli con successo per insaporire i miei pasti, previa infusione.
Un’altra questione che mi sta a cuore è quali siano i tipi di pesticidi impiegati nella coltivazione del té e le concentrazioni di residui nelle foglie dei vari tipi di té.
A questo proposito, ho sentito consigliare di mangiare solo foglie di té da coltivazioni biologiche, mentre lo stessa precauzione non sarebbe necessaria in caso di semplice infusione, nella quale i residui di pesticidi vengono rilasciati solo in piccola parte per questioni di solubilità. Sarà vero?